Eufemia Racconta

Esperienze di integrazione

Un'iniziativa per raccontare un aspetto di Eufemia dedicato all'inclusione lavorativa, all'ascolto, al supporto e alla scoperta. Grazie a Scuola dei Quartieri, che all'interno del Bando Scuola dei Quartieri 2024-25 ha finanziato la linea di azione Eufemia Racconta, dedicata al racconto dell'universo mondo delle lavoratrici e dei lavoratori di Eufemia Emporio di Comunità.

La Scuola dei Quartieri è un progetto del Comune di Milano cofinanziato dall'Unione Europea - Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) del Programma Nazionale Metro Plus e Città Medie Sud 2021-2027

Nadia rivive e racconta oggi il paese in cui è nata e cresciuta, il Marocco, nei piatti che cucina ogni settimana da Eufemia. 

Questa è la sua storia.

Cosa ti ha spinto a venire in Italia? E com'è stata la tua esperienza quando sei arrivata qui? Mi chiamo Nadia, ho 42 anni e sono mamma di tre figli. Sono venuta in Italia dal Marocco. La mia vita in Marocco era bellissima perché vivevo con la mia famiglia, i miei fratelli e le mie sorelle. Ho deciso di trasferirmi per motivi familiari: mio marito era già in Italia, aveva i documenti e ci eravamo sposati in Marocco. Prima è venuto lui, e poi l'ho raggiunto io, per poter vivere tutti insieme qui in Italia. L'esperienza è stata molto bella. La parte più difficile è stata stare lontana da tutta la famiglia e, forse, anche il fatto di dover imparare una nuova lingua non è stato semplice. Però, nel complesso, è stata un'esperienza positiva. 

Cosa significa per te il tuo Paese d'origine? Quali aspetti della tua cultura senti ancora vivi nella tua quotidianità? Il mio Paese è una parte molto importante di me. La cucina che preparo per la mia famiglia – il cous cous, il tajine, il tè – sono tutte tradizioni che appartengono alla mia cultura e al mio Paese, e che oggi continuano a essere molto presenti nella nostra vita quotidiana. Abbiamo anche incorporato tante cose della cultura italiana, ma la mia cultura resta fondamentale per tutti noi.

Quali sfide hai affrontato come persona migrante? La sfida più grande è stata senza dubbio la lingua. Per fortuna, però, c'era sempre mio marito ad aiutarmi con questo aspetto.

Com'è cambiata la tua percezione di questo Paese da quando sei arrivata? I primi mesi sono stati difficili, soprattutto per la lontananza dalla mia famiglia e per la lingua. Ma col tempo sono riuscita ad abituarmi, e la mia percezione dell'ambiente intorno a me è cambiata in modo positivo. Sono riuscita a costruire una nuova realtà con la mia famiglia qui, e mi piace.

Come sei arrivata a lavorare a Eufemia? Cosa hai pensato del posto quando l'hai conosciuto per la prima volta? Sono arrivata a lavorare a Eufemia grazie ad alcuni amici: Piero, Lorena, Betta e Giulia. Lavoro con loro da tanto tempo. All'inizio c'era un piccolo progetto chiamato GAS, dove cucinavamo insieme a uno chef che si chiamava Stefano. 

Cosa hai pensato del posto quando l'hai conosciuto per la prima volta? Piero, amico e volontario di Eufemia, mi aveva parlato di Eufemia come di un sogno che aveva. Mi è sembrata un'occasione bellissima per continuare a lavorare insieme a tutti loro. 

Cosa rappresenta questo spazio per te? Come ha influenzato la tua vita quotidiana? Questo spazio mi ha dato una grande mano nella vita quotidiana. Io e mio marito eravamo senza lavoro, e questo progetto mi ha aiutato a migliorare quella situazione. Inoltre, è un ambiente molto amichevole e accogliente in cui lavorare.

Qual è l'aspetto che ti piace di più del lavorare qui? Mi piace cucinare e adoro avere l'opportunità di improvvisare i piatti da preparare per i pranzi. Inoltre, mi piace moltissimo condividere il tempo con le mie colleghe.

Quali competenze o insegnamenti hai acquisito qui? Ho arricchito la mia esperienza imparando a cucinare con attenzione alla qualità dei prodotti, privilegiando quelli biologici e offrendo sempre un'opzione vegetariana.

C'è un'esperienza a Eufemia che è stata particolarmente significativa per te? Alla fine del lavoro, mi piace moltissimo condividere del tempo con i miei colleghi e amici. Koki prepara la lista di quello che ognuno vuole mangiare, altri apparecchiano la tavola, e poi ci sediamo tutti insieme a mangiare: siamo come una famiglia.

Come mantieni vive le tue tradizioni culturali qui? La cucina mi permette di mantenere viva ogni giorno la cultura del mio Paese di casa. Inoltre, celebriamo insieme in famiglia le feste tradizionali del Marocco. Continuiamo anche a parlare la nostra lingua: i miei figli la conoscono bene, e questo mi collega direttamente alla mia cultura, qualcosa di davvero importante per me.

Ti è capitato di condividere la tua cultura con i colleghi o con i clienti di Eufemia? Com'è stata questa esperienza? Eufemia mi ha dato l'opportunità di cucinare molti piatti tipici del mio Paese e i clienti li hanno apprezzati molto. Mi piace tantissimo preparare il cous cous e anche replicare ricette che mi ha insegnato mia madre, come lo sformato di lenticchie. Ho anche portato alcune cose da far assaggiare ai miei colleghi, come il tè tipico marocchino che è piaciuto molto.

C'è un piatto o un prodotto dell'emporio/ristorante che ti collega alla tua terra d'origine? Ci sono piatti o alimenti che hai scoperto/provato qui da Eufemia? Il cous cous, le patate al forno e le lenticchie sono piatti che mi collegano alla mia terra d'origine.

Come immagini il tuo futuro? Quali sono i tuoi sogni o obiettivi? Mi immagino come cuoca a Eufemia, soddisfatta del mio lavoro e riuscendo a raggiungere serenità e stabilità economica.

Che ruolo immagini possa avere Eufemia nel tuo futuro? Spero che Eufemia continui a crescere e ad andare avanti, così possiamo lavorare bene, di più e crescere tutti insieme.

Saida lavora in cucina da Eufemia, dove ha trovato un ambiente accogliente e profumi che le ricordano casa.
"Quando ho visto Eufemia aperta ho pianto. Era come vedere realizzato un sogno."

Tra verdure senza pesticidi e pranzi condivisi, porta avanti le sue tradizioni e guarda al futuro con fiducia.

Cosa ti ha spinto a venire in Italia? E com'è stata la tua esperienza quando sei arrivata qui?
Mio marito era venuto in Italia e io l'ho raggiunto. Il primo anno è stato abbastanza difficile, soprattutto per la lingua. Però ho fatto un corso di italiano per due anni e, una volta superato quello, le cose si sono sistemate.

Cosa significa per te il tuo Paese d'origine? Quali aspetti della tua cultura senti ancora vivi nella tua quotidianità?
Il mio Paese per me è molto importante. Tante cose della mia cultura fanno ancora parte della mia vita di tutti i giorni: le tradizioni, la storia... È un Paese che ha passato tanto e ha lottato tanto per la sua libertà. Questo lo sento sempre molto forte dentro di me.

Quali sfide hai affrontato come persona migrante?
Oltre alla lingua, ho sofferto tanto per i pregiudizi della gente. Mi facevano stare male. È anche per quello che ho deciso di studiare italiano: volevo riuscire a difendermi, a farmi capire.

Com'è cambiata la tua percezione di questo Paese da quando sei arrivata?
All'inizio l'Italia mi piaceva tantissimo. Ora mi sembra che sia cambiata parecchio: il costo della vita, il modo di vivere, le persone... Ho la sensazione che sia diventato tutto un po' più insicuro.

Come sei arrivata a lavorare a Eufemia? Cosa hai pensato del posto quando l'hai conosciuto per la prima volta?
Il primo giorno che ho visto Eufemia aperta ho pianto. Era un sogno che si realizzava. Il mio sogno è sempre stato avere un ristorante. È stato come vedere realizzato un desiderio che avevo da sempre. Conoscevo già tutti da quando stavano a RiMake.

Cosa rappresenta questo spazio per te? Come ha influenzato la tua vita quotidiana?
È un lavoro, è qualcosa che mi dà una mano. Uno stipendio che aiuta me, la mia famiglia, tutti noi.

Qual è l'aspetto che ti piace di più del lavorare qui?
Lavorare con Nadia è una delle cose che mi piace di più. Anche il team: tutte le persone che lavorano in cucina, i ragazzi del bar... siamo una bella squadra.

Quali competenze o insegnamenti hai acquisito qui?
Ho imparato tante cose, soprattutto ad avere tanta pazienza e a lavorare con tante persone diverse.

C'è un'esperienza a Eufemia che è stata particolarmente significativa per te?
Il momento in cui ci sediamo tutti insieme a tavola, dopo aver finito di lavorare... ti dimentichi della stanchezza, ed è un momento che mi piace tantissimo.

Come mantieni vive le tue tradizioni culturali qui?
Le mantengo con la mia famiglia, celebrando le feste del mio Paese. Cerco di trasmettere ai miei figli le nostre tradizioni. Quando si è lontani da casa è più difficile, ma ci metto tutto l'impegno per far vivere anche qui la nostra cultura.

Ti è capitato di condividere la tua cultura con i colleghi o con i clienti di Eufemia? Com'è stata questa esperienza?
È stato molto bello. In più di un'occasione abbiamo portato dei piatti tipici, per esempio al compleanno di una persona della cooperativa. È stato molto apprezzato. Un bel ricordo.

C'è un piatto o un prodotto dell'emporio/ristorante che ti collega alla tua terra d'origine? Ci sono piatti o alimenti che hai scoperto/provato qui da Eufemia?
Le verdure dell'emporio mi fanno pensare al profumo delle verdure in Algeria. Nel mio Paese frutta e verdura hanno un profumo meraviglioso, cosa che non succede nei supermercati qui. Invece a Eufemia ho ritrovato quegli aromi che mi ricordano casa. Da noi non si usano tanti prodotti chimici o pesticidi, proprio come le verdure che arrivano all'emporio.

Come immagini il tuo futuro? Quali sono i tuoi sogni o obiettivi?
Immagino un futuro in pace. Credo molto nel destino. Non so cosa ha scritto il destino per me, ma sento che sarà un bel futuro.

Che ruolo immagini possa avere Eufemia nel tuo futuro?
Spero che Eufemia continui ad andare bene e a crescere, così potrà dare una mano a sempre più persone.

Salah, dal Marocco all'Italia, ha trovato in Eufemia un'opportunità di crescita. La sua storia è fatta di sfide e resilienza: "Il mio Paese significa tutto, ma qui ho trovato un nuovo inizio." Nonostante le difficoltà, Salah mantiene vive le sue tradizioni attraverso il cibo, la famiglia e gli amici, condividendo con noi i sapori e i suoni del suo Marocco. ️

Puoi raccontarmi qualcosa di te? Da dove vieni e com'era la tua vita nel tuo Paese d'origine?
Sono un ragazzo del Marocco. La mia vita era tranquilla, come quella di tutti gli altri. Andavo a scuola, vivevo con mia nonna e aspettavo il momento di poter raggiungere mia madre in Italia.

Cosa ti ha motivato a venire in Italia? Com'è stata la tua esperienza quando sei arrivato qui?
La famiglia. Mia madre è venuta per prima e ci è voluto parecchio tempo prima che potessi raggiungerla. Quando sono arrivato in Italia ho vissuto prima con i miei zii, poi finalmente con mia madre.

Cosa significa per te il tuo Paese d'origine? Quali aspetti della tua cultura senti ancora vivi nella tua quotidianità?
Il mio Paese significa tutto. Sarà sempre la mia terra. Lì c'è ancora parte della mia famiglia e spero di tornarci presto per rivederli. Mio padre è ancora là ed è lui che mi tiene legato alla mia cultura.

Quali sfide hai affrontato come persona migrante?
Tante, davvero tantissime. All'inizio a scuola, con insulti razzisti… sono cose che ti restano addosso, non è che spariscono.

C'è un ricordo o un momento speciale legato al tuo arrivo qui che vorresti condividere?
Il primo anno in Italia è stato un grande cambiamento. Ho vissuto un po' con diversi zii, anche a Roma, poi sono venuto a Milano da mia madre.

Come è cambiata la tua percezione di questo Paese da quando sei arrivato?
 Non avevo particolari aspettative sull'Italia, pensavo solo alla mia famiglia. Il tempo che ho dovuto aspettare prima di poter venire qui mi è sembrato infinito. Pensavo che non volessero portarmi, invece era solo questione di tempo. Vivere qui è un'esperienza complessa.

Come sei arrivato a lavorare a Eufemia? Cosa hai pensato del posto quando l'hai conosciuto per la prima volta?
Sono arrivato a Eufemia grazie alle esperienze che ho fatto in passato. Ho partecipato a corsi, percorsi formativi e poi mi hanno chiesto se mi interessava iniziare a lavorare qui. Eufemia è la mia prima esperienza lavorativa. All'inizio non è stato facile, non mi sentivo parte di questo contesto. Dopo tanto tempo vissuto in situazioni diverse, non è stato semplice capire la dinamica di un posto come questo. Relazionarmi con le persone, comunicare in questa nuova realtà. Però grazie a Eufemia ho conosciuto persone nuove e ho imparato a rapportarmi in modo diverso con clienti, colleghi e volontari della cooperativa.

Cosa rappresenta questo spazio per te? Come ha influenzato la tua vita quotidiana?
Dopo tutto il percorso che ho fatto, sento che Eufemia mi ha aiutato a cambiare alcune cose. Sono diventato un po' più responsabile rispetto a prima. Ora cerco di andare a dormire prima per riuscire ad arrivare puntuale al lavoro. La puntualità è sempre stato un mio problema, lo ammetto. Però adesso sono migliorato.

Qual è l'aspetto che ti piace di più del lavorare qui?
Mi piace l'ambiente, le persone che vengono qui, sia clienti che volontari. A Eufemia si respira un'aria bella, la gente sorride, ti parla.

Senti che lavorare a Eufemia ha cambiato la tua prospettiva o ti ha dato nuove opportunità?
Lavorare a Eufemia mi ha aperto una porta e, soprattutto, mi ha fatto capire che il lavoro è importante e che un'altra realtà è possibile. Se un giorno dovessi lasciare questo posto, mi metterei subito a cercare un altro lavoro.

Quali competenze o insegnamenti hai acquisito qui?
Ho imparato come gestire il bar, come muovermi in sala, come parlare con i clienti, prendere le comande, preparare il turno e lasciare tutto in ordine per chi viene dopo. Sto anche migliorando molto in puntualità e responsabilità.

Come mantieni vive le tue tradizioni culturali qui?
Il cibo, gli amici e la famiglia sono ciò che mi tiene legato alla mia cultura.

Ti è capitato di condividere la tua cultura con i colleghi o con i clienti di Eufemia? Com'è stata questa esperienza?
A volte ho portato cibo preparato da mia madre da condividere con i miei colleghi, ed è piaciuto molto. Ho anche fatto ascoltare musica del mio Paese durante il turno ed è stata accolta molto bene.

C'è un piatto o un prodotto dell'emporio/ristorante che ti collega alla tua terra d'origine? Ci sono piatti o alimenti che hai scoperto/provato qui da Eufemia?
Il tajine, il cous cous e le lenticchie di Nadia (la cuoca di Eufemia) mi fanno sentire a casa.

Come immagini il tuo futuro? Quali sono i tuoi sogni o obiettivi?
 I miei sogni e obiettivi sono semplici: vivere come una persona normale e basta. Perché sono stanco. Lavorare, essere indipendente, stare tranquillo. Senza problemi, circondato da persone serie.

Quale messaggio daresti a chi sta vivendo situazioni simili alla tua?
Spero che chi sta passando quello che ho vissuto io possa guardare avanti e concentrarsi sui propri obiettivi, senza lasciarsi influenzare da niente e nessuno. Il passato non si può dimenticare, ma l'importante è guardare avanti e pensare a se stessi. Perché quando arrivano i problemi, alla fine, non rimane nessuno.

Che ruolo immagini possa avere Eufemia nel tuo futuro? Se un giorno ci sarà la possibilità di avere un contratto, mi piacerebbe davvero continuare a far parte di questa realtà. 

Vesna è arrivata dalla Serbia 15 anni fa, qui ci racconta la sua storia con schiettezza e a cuore aperto. 

Cosa ti ha spinto a venire in Italia? E com'è stata la tua esperienza quando sei arrivata qui? Sono arrivata in Italia quando il mio Paese era in guerra. Mi sono sposata a 15 anni e qui in Italia ho avuto tutti i miei figli. All'inizio ho dovuto adattarmi, non è stato facile. Oggi però sento che l'Italia è casa mia.

Cosa significa per te il tuo Paese d'origine? Quali aspetti della tua cultura senti ancora vivi nella tua quotidianità? Ormai mi sono abituata all'Italia, dopo tutti questi anni qui. Ma la Serbia resta sempre una parte importante di me, e la sento ancora vicina grazie al cibo e alla musica.

Quali sfide hai affrontato come persona migrante? Quando sono arrivata in Italia, era un po' più complicato mettere insieme tutti i documenti per entrare. Oggi basta la carta d'identità! All'inizio è stato difficile adattarmi, soprattutto a vivere con tutta la famiglia di mio marito: eravamo nei campi. Ma piano piano mi sono costruita la mia vita qui.

Com'è cambiata la tua percezione di questo Paese da quando sei arrivata? All'inizio era tutto nuovo e strano, ma oggi non potrei vivere da nessun'altra parte. Voglio tornare in Serbia per vedere la mia famiglia, ma l'Italia è il Paese che scelgo per vivere.

Come sei arrivata a lavorare a Eufemia? Cosa hai pensato del posto quando l'hai conosciuto per la prima volta? Mi avevano proposto un tirocinio a Eufemia e ho capito subito che era una bella opportunità. All'inizio non ero sicura di riuscire a far combaciare i miei orari con le esigenze del lavoro, ma alla fine ho organizzato tutto e adesso mi piace tantissimo lavorare qui.

Cosa rappresenta questo spazio per te? Come ha influenzato la tua vita quotidiana? Per me Eufemia significa tanto. Qui mi rilasso, lascio andare i pensieri e sto davvero bene. Parlo con le persone, loro mi ascoltano e mi aiutano, e questo per me vale tantissimo.

Qual è l'aspetto che ti piace di più del lavorare qui? La cosa che mi piace di più è che le persone mi tengono in considerazione. Parlo con loro, e se ho un problema mi ascoltano e troviamo insieme una soluzione. Il gruppo umano è davvero la cosa più bella di Eufemia.

Quali competenze o insegnamenti hai acquisito qui? Ho imparato tante cose. Questo lavoro l'avevo già fatto in altri momenti della mia vita, ma c'è sempre qualcosa di nuovo da imparare. E poi ho conosciuto tante persone lungo il percorso.

C'è un'esperienza a Eufemia che è stata particolarmente significativa per te? Stare a Eufemia in questi mesi mi ha aiutato a capire tante cose. Per esempio, che è possibile realizzare progetti importanti, come l'incontro sulla violenza contro le donne o quello per parlare delle carceri. Ho imparato davvero tanto in questo periodo lavorando qui.

Come mantieni vive le tue tradizioni culturali qui? Quello che mi tiene connessa al mio Paese è la musica e il cibo. È impossibile dimenticare da dove veniamo, le nostre radici.

Ti è capitato di condividere la tua cultura con i colleghi o con i clienti di Eufemia? Com'è stata questa esperienza? Trovo spesso momenti per condividere un po' della mia cultura con i miei colleghi. A volte attraverso la musica, altre parlando di piatti tipici. Ho anche condiviso parte della mia storia con loro e con i clienti, soprattutto quando ho partecipato all'incontro sulle carceri e sugli immigrati provenienti dal mio Paese.

C'è un piatto o un prodotto dell'emporio/ristorante che ti collega alla tua terra d'origine? Ci sono piatti o alimenti che hai scoperto/provato qui da Eufemia? Fagioli, insalata di verza, riso sono alimenti che mi legano al mio Paese.

Come immagini il tuo futuro? Quali sono i tuoi sogni o obiettivi? I miei sogni sono tanti. Voglio avere una casa, vivere con il mio compagno, serena e felice. Voglio continuare a lavorare a Eufemia. Idealmente mi piacerebbe lavorare la mattina, così possiamo passare più tempo insieme quando siamo entrambi a casa.

Quale messaggio daresti a chi sta vivendo situazioni simili alla tua? Direi loro che devono essere molto pazienti. In fretta non si fa niente, piano piano si fa tutto.

Che ruolo immagini possa avere Eufemia nel tuo futuro? Mi immagino a lavorare a Eufemia, con una casa, un lavoro tranquillo e la possibilità di viaggiare. Vorrei tornare a visitare il mio Paese e la mia famiglia. Spero di poter lavorare a Eufemia ancora per tanto tempo.

Dall'attivismo nei movimenti sociali e per i diritti civili, all'impegno quotidiano in un spazio concreto come la cooperativa Eufemia, Piero ha scelto di trasformare la sua visione politica in pratica collettiva.

Puoi raccontarmi qualcosa di te e del tuo percorso?
La mia è una storia di attivismo politico e sociale fino da quando ero ragazzo. A 15 anni le prime manifestazioni, la partecipazione ad organizzazioni della "nuova sinistra" e a movimenti sociali (per la pace, di solidarietà con migranti, per l'affermazione dei diritti sociali e civili). Sono stato anche delegato sindacale sul luogo di lavoro e per un mandato sono stato eletto consigliere della Provincia di Milano. La mia è una storia di attivismo politico e sociale fino da quando ero ragazzo. A 15 anni le prime manifestazioni, la partecipazione ad organizzazioni della "nuova sinistra" e a movimenti sociali (per la pace, di solidarietà con migranti, per l'affermazione dei diritti sociali e civili). Sono stato anche delegato sindacale sul luogo di lavoro e per un mandato sono stato eletto consigliere della Provincia di Milano. Sono stato redattore di diverse riviste di analisi e impegno internazionalista. Negli ultimi anni ho partecipato all'occupazione dello spazio autogestito Ri-Make, a Milano e alla rete Fuorimercato per il sostegno alle autogestioni e all'agricoltura contadina e sociale.


Come sei arrivato/a a far parte della cooperativa e cosa ti ha spinto a entrare in questa realtà?
Sono stato uno degli ideatori del progetto e uno dei fondatori della Cooperativa. Per me è stato un naturale proseguimento dell'attività di sostegno all'agricoltura contadina e alla produzioni agroecologiche, per avere uno spazio di distribuzione alternativo alla "Grande distribuzione organizzata" (cioè le catene di super e ipermercati). In più ho riscoperto attività sociali di inclusione lavorativa di soggetti svantaggiati.


Cosa rappresenta per te la cooperativa e quale ruolo ha nella tua vita?
In questo momento rappresenta la forma di attivismo sociale che ho scelto. E ha un ruolo centrale: a parte la mia "vita privata" (lavoro dipendente compreso)e le mie relazioni amicali – è il centro dei miei pensieri, del mio impegno quotidiano e del mio tempo.


Come pensi che questo spazio influenzi la vita delle persone che ne fanno parte?
Penso sia uno spazio positivo e che abbia un'influenza altrettanto positiva sulle persone che ci lavorano e quelle che lo frequentano come "clienti". Da un lato credo sia un luogo di lavoro rilassato e nel quale riuscire ad avere un approccio non "produttivista" e competitivo; dall'altro credo sia un luogo accogliente per chi viene anche solo a bere un caffè.


Quali competenze o insegnamenti hai acquisito grazie alla tua esperienza nella cooperativa?
Per quanto riguarda le competenze, ho dovuto imparare a governare la gestione economica quotidiana, imparare cosa sia un bilancio e anche imparare quali norme guidano la gestione di una cooperativa. L'insegnamento che vorrei acquisire, ma ancora non sono riuscito davvero, è quello di imparare a lavorare collettivamente, ascoltare le idee e le proposte di tutti, contribuire a creare un ambiente positivo. Il mio carattere non me lo rende facile.


C'è un momento speciale o un'esperienza significativa che hai vissuto qui?
Posso citarne due, ma sono tanti i momenti belli di quest'anno passato ad Eufemia e per la cooperativa. Uno è la notte di Capodanno, passata a Eufemia insieme ad alcune signore che abitano in quartiere e che probabilmente sarebbero state a casa da sole, alle nostre cuoche arabe e alla nostre ragazze detenute. Non mi è mai interessata la festa di Capodanno, ma questa è stato un momento bello. Un secondo momento è stata la giornata di discussione sul carcere e le alternative alla detenzione organizzata ad Eufemia insieme alla Libreria Alaska. Tante belle persone presenti, tanti racconti e un ritorno a qualcosa che è parte della mia stria (sul carcere ho scritto e discusso la mia tesi di laurea nel 1987...)..


Come immagini il futuro della cooperativa e il suo impatto sul territorio?
Penso che possa continuare ad esistere come luogo piacevole dove passare qualche ora insieme ad amiche ed amici, mangiando bene e trovando un luogo accogliente. In una zona dove non ci sono molti spazi può rappresentare un luogo "unico", se sapremo mantenere le modalità di lavoro e di relazione avviate quest'anno.


Quali sfide affronta oggi la cooperativa e cosa si potrebbe fare per superarle?

Tre sono le sfide più importanti:

- la sostenibilità economica

- trovare un equilibrio nelle relazioni tra chi lavora, le/i volontari/e e le/i socie e soci della cooperativa

- aumentare il numero delle persone che utilizza l'Emporio, comprando i prodotti e partecipando alla sua gestione.

Non c'è una soluzione certa e unica e andrà trovata discutendone. Nel primo caso dobbiamo capire meglio come far aumentare il numero delle persone che frequentano il locale, per evitare di dover aumentare i prezzi. Sarà un lavoro di comunicazione con i tanti strumenti possibili. L'equilibrio nelle relazioni dipenderà dalle capacità di tutte e tutti e nel trovare una migliore divisione dei compiti tra noi, per evitare sovraccarichi e poter fare si che ognuna/o possa stare bene e mettere a disposizione le sue competenze e passioni. Per ultimo, stiamo costruendo un'associazione finalizzata alla gestione aperta e collettiva dell'Emporio. Ed è una sfida aperta.


Cosa speri che le persone portino con sé dopo aver conosciuto questa realtà?
Spero portino con sé la voglia di tornarci perché sono state bene, hanno incontrato persone positive e gradevoli, hanno trovato prodotti buoni e un'idea di consumo diversa. Magari comprendano il progetto, le persone che lo rendono vivo e la loro ricchezza – magari superando qualche pregiudizio verso chi ha una storia diversa dalle loro.


Lolli fa parte della cooperativa come volontaria e crede nel potere delle relazioni solidali. 
"Eufemia è la dimostrazione che un altro mondo è possibile."
Sostegno ai produttori, apertura al quartiere, rispetto reciproco: sono i valori che l'hanno spinta a unirsi a questo progetto.

Ogni giorno, Eufemia crea legami, offre cibo buono e solidale e costruisce possibilità nuove per chi ne fa parte.

Come sei arrivato/a a far parte della cooperativa e cosa ti ha spinto a entrare in questa realtà?
Conoscevo RiMake , un collettivo che sosteneva molti dei progetti ora seguiti da Eufemia: -sostegno produttori (bio, ecosostenibili , rispetto del lavoro in tutte le sue fasi)

- supporto persone fragili

- ⁠rispetto reciproco

- ⁠apertura verso il quartiere


Cosa rappresenta per te la cooperativa e quale ruolo ha nella tua vita?

- rappresenta la dimostrazione di un mondo possibile

- ⁠ruolo importante per la sopravvivenza di un progetto solidale


Come pensi che questo spazio influenzi la vita delle persone che ne fanno parte?

- impegno nella quotidianità fisico e organizzativo

Quali competenze o insegnamenti hai acquisito grazie alla tua esperienza nella cooperativa?

È sorprendente quanto le persone possano stupirci ( in senso buono e cattivo)

C'è un momento speciale o un'esperienza significativa che hai vissuto qui?
Un momento speciale no , xo l esperienza fin ora vissuta mi ha dato diversi momenti di soddisfazione che nel mio lavoro quotidiano purtroppo non rilevo .

Come immagini il futuro della cooperativa e il suo impatto sul territorio?

Spero solo di avvicinare sempre più persone che finora non avrei mai pensato di raggiungere per aiutarle a capire il progetto è magari coinvolgere attivamente . 

Quali sfide affronta oggi la cooperativa e cosa si potrebbe fare per superarle?

Prima fra tutte la sfida della comunicazione . Trovare i fondi per migliorarla .

Cosa speri che le persone portino con sé dopo aver conosciuto questa realtà?
Bagaglio di solidarietà e di un mercato sostenibile e cibo buono e solidale .


Il progetto è cofinanziato dall'Unione Europea - Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) del Programma Nazionale Metro Plus e Cittá Medie Sud 2021 - 2027